Categorie
Incontri plenaria

Resoconto plenaria del 21 febbraio 2025

L’iniziale piano della plenaria è stato rivisto per la grande partecipazione esterna raggiunta con Tozzi Stefano a gli altri “Agricoltori Attivi Romagnoli

Romeo presenta gli InGASati e poi giro di presentazioni.

Ciascuno si presenta con nome e gruppo inGASato: Pietro, Daniela, Andrea M., Irene, Elena del Cuculo, Stefano Acquacheta, Maurizio, Davide di Daviglo, SilviaG., Romeo.

Si presentano a seguire i vari intervenuti degli Agricoltori Attivi Romagnoli, un raggruppamento di agricoltori ed allevatori appunto della Romagna

Germano: agricoltore e tecnico per la lotta Integrata

Francesco Magni: allevatore di bovini biologici a Galeata (e fornitore del nostro spacciatore di carne Ravaglia)

Lorusso: produce cereali

Mengozzi Loris di Mercato Saraceno, produce grano, lo macina in mulino ad acqua, fa pane e prodotti da forno

Michela Casadei: a Calisese vende i prodotti del fratello, azienda di frutta e verdura, sempre stata frutticola e quando è subentrato il fratello ha virato sugli ortaggi. Da 3 anni vendono direttamente. Principalmente varietà antiche.

Stefano Tozzi: Alleva pollo romagnolo (profilo slow food), produce salumi; coltiva varietà antiche di grani poi macinati al Molino Pransani con cui produce pasta fresca e piadina. Una parte di azienda è bio e l’altra è convenzionale (spiega come non sia orientato al bio totale ma resta aperto alla possibilità di coltivare anche normalmente). Mercatino a Forlì (S.Domenico) e negozio in azienda a Taibo.

Rossi Enrico: agricoltore produce cereali, foraggio, seminativi,

Collegati da remoto:

Massimiliano di Lega Consumatori (RE, Parma e Modena per la tutela dei consumatori)

Matteo Angelini di S. Clemente di Rimini, produce colture da seme, uva, cereali e foraggio. Fa parte del Consiglio assieme agli altri e spiega come siano in mobilitazione anche a Rimini.

 

Stefano Tozzi introduce

Il principale motivo dell’incontro è “collegare” gli agricoltori ai consumatori. Sa che i membri del Gas vanno alla ricerca del prodotto locale e genuino. Malincuore riscontra che la maggior parte dei consumatori va al supermercato senza conoscere assolutamente il “contadino” che c’è dietro a quello che compra. Solitamente il contadino viene considerato un mezzo delinquente (inquina, provoca frane, distrugge il territorio); spiega però che i contadini sono i “tutori” e guardiani del territorio. Il contadino ha bisogno del consumatore e viceversa. Ora come non mai sono “strozzati” dalla GdO. In 100€ euro di spesa che un cittadino paga, solo 7€ lordi vanno al contadino. Una volta pagati gli ammortamenti, le tasse e le spese aziendali di questi 7 euro resta in tasca solo 1 euro al contadino! Le Politiche Europee hanno tendenzialmente sempre sostenuto i grossi latifondisti. Spiega come sia stato perso il 90% del patrimonio di biodiversità agricola e animale e riporta l’esempio del grano: oramai ne sono rimaste 3 varietà contro le 150 diverse di qualche decina di anni fa; alle 30 specie di Polli ne sono rimaste 2/3. Le varie spcecie di Ovini sono state ridotte ad una sola.

Hanno deciso di promuovere una petizione al presidente della Repubblica sperando se ne parlasse poi in Parlamento e ci invita a pubblicizzarla e firmarla.

Gli assurdi sono che oramai abbiamo il record di esportazioni di grano e lo stesso record di importazioni.

Germano: spiega che dai 19 milioni di ton di frutta e verdura venduti in Italia, siamo passati a 18 nel giro di 2-3 anni. Dopo il Covid si è riposizionato tutto, la Grande Distribuzione compra da fuori perché risparmia.

Noi chiediamo al Governo lo stato di crisi della piccola-media azienda agricola.

Riconoscendo lo stato di crisi lo Stato può: attivare delle iniziative, andare in deroga rispetto alcune regole (ndr.: anche se lo “Stato” non è completamente avulso a derogare alla Costituzione e lo ha ben dimostrato in periodi recenti … perdonate ma quando ci vuole … ci vuole)

Stefano Tozzi teme che lo Stato non dichiarerà mai lo stato di crisi. Gli agricoltori stanno cercando di mettere in evidenza che lo Stato sta importando sempre di più emettendo e promuovendo leggi che permettono questa cosa.

Al momento può diventare made in Italy un prodotto che ha solo il 50% di ingredienti italiani… Questo si concretizza specie nei prodotti trasformati dove la percentuale di materie prime estere risponde a quanto indicato sopra.

Questo agevola unicamente il “trasformatore” che miscela un po’ di prodotti italiani col prodotto estero più economico e lo marchia. A quel punto le grandi aziende di trasformazione alimentare chiedono (ed impongono) agli agricoltori italiani prezzi più bassi; naturalmente questo non tiene conto che, operando in Italia (con tutte le normative previste), le aziende stesse hanno costi di produzione più alti.

Mengozzi: noi siamo piccoli produttori, cerchiamo un piccolo reddito e sottolinea che negli anni ’80 da 100 che il consumatore acquistava all’agricoltore arrivava 30; il 7 di oggi è improponibile mantenerlo! Noi vogliamo fare capire al consumatore che lui ha il coltello dalla parte del manico e può scegliere. Bisognerebbe incidere in quella forbice che si è allargata tanto negli ultimi anni a discapito della sopravvivenza del piccolo produttore. Chiediamo al Governo di mettere il consumatore in grado di capire.

Esempio speculazione Covid: il grano era salito a 40 euro/q.le per poi scendere attorno ai 22€.

La Romagna era il primo produttore di pesce, fragole, fagiolini. Ora arriva quasi tutto dalla Spagna, i fagiolini dal Marocco, poi vengono fatti passare come Italiani con accorgimenti come avere, nella cooperativa che raccoglie le derrate alimentari, un socio italiano che ha della terra in Marocco…

Il consumatore deve fare scelte consapevoli avendo tutti gli elementi possibili.

Noi siamo in protesta da 1 mese e mezzo, facciamo proteste in tutta Italia, ma i principali media non ne parlano.

Germano: 50-60 anni fa siamo partiti a produrre frutta e la Romagna è diventata la culla europea di questi prodotti nonché principale produttrice.

Da 30 anni a questa parte la GdO si è organizzata e ha creato una strozzatura nel mercato, i sindacati e le associazioni di categoria hanno rinunciato a difenderci.  Noi dobbiamo risolvere il problema del prezzo nel mercato ma la GdO gestisce il 70% della merce e finisce per governarlo in toto e a suo piacimento.

Mengozzi: In Italia e Romagna siamo incanalati in sistemi di produzione (il bio, l’integrato ma anche il convenzionale) che hanno regolamenti e norme precise; arriva il bio dalla Romania (che non si sa chi l’abbia certificato) e naturalmente viene etichettato al pari del nostro.

Germano: La Gdo (in generale per non citare lo specifico marchio) dichiara che si potrebbe trovare al max il 30% del residuo massimo ammissibile sui suoi prodotti.

Elena Salvucci: se il problema è la Gdo perché poi noi che compriamo direttamente dai produttori paghiamo di più che comprando al supermercato?

Stefano: perché la GdO lo scarica su di noi. La GdO dice al contadino “io ti ritirerò tutto il tuo prodotto”. Dapprima questo risulta buono, ma alla fine è la GdO che decide il prezzo e cosa mettere in offerta e scontare per attrarre la clientela; naturalmente queste offerte si ripercuotono sul produttore, che viene pagato meno senza averlo scelto ne concordato fin dall’inizio. Poi al supermercato la carne di suino la trovi a prezzi altissimi ma con la questione della peste suina, sono stati sbloccati tanti suini dagli allevamenti portando ad una sovra-produzione. La tanta offerta abbassa il prezzo al produttore, ma di tutto questo il consumatore non si accorge, se non per qualche marginale offerta speciale su alcuni tagli.

Michela Casadei: io ho iniziato a lavorare come counselor quindi che non provengo da questo settore; mio fratello è un grande produttore di zucchine. Se per produrle a noi costa circa 1 euro al chilo, nei supermercati a volte le trovi a 60 centesimi altre volte li trovi a 3 euro. Io le vendo allo stesso prezzo tutto l’anno e tutte raccolte la mattina stessa. Se il cavolfiore lo cuoci appena raccolto non puzza. La ciliegia fresca ha il gambo verde, al supermercato non si vede ormai più. Gli stridoli, i radicchi etc. li compriamo da un vicino per arricchire la scelta ai clienti. Questo vicino con la rucola si era messo in affari con una catena di GdO che gli ritirava tutta la produzione. Qualche anno dopo gli ha detto che glielo avrebbero ritirato a 10 cent in meno a mazzetto. Vista la quantità di venduto ha indirizzato dapprima tutta la produzione verso la GdO ed ai piccoli negozi, non ha più venduto. Un bel giorno la GdO lo ha mollato dicendo che aveva trovato la rucola ad ulteriori 10 cent in meno. E lui … è tornato a rifornire i piccoli negozi.

Abbiamo aggiunto, nel punto vendita, i limoni per avere tutti i prodotti; abbiamo fatto un accordo per gli agrumi con un agricoltore Siciliano. Dopo poco l’agricoltore ci ha detto “la cooperativa che ritira la mia produzione non mi permette di tenerti un bancale per il tuo punto vendita perché devo garantire la quantità richiesta a soddisfare il mercato tedesco”.

Stefano F. : se ne esce se vendete direttamente, accontentandovi di produrre meno ma vendendo e possibilmente trasformando i vostri prodotti in casa vostra.

Mengozzi:  pane bisogna vedere che farine usi. Occorre ammettere che anche i piccoli produttori speculano in vari modi; anche per questo i prezzi si alzano.

Tozzi: Al mercato contadino a Forlì ci sono produttori di verdura e frutta che hanno prodotti che comprano al mercato.

AndreaM: come vi tutelano le vostre associazioni di categoria?

Germano: in Francia ci sono regole più stringenti, si vede a colpo d’occhio quale è prodotto nazionale e quale no. Spiega che la vige la “legge Egalìn”: allo stesso tavolo produttori, distributori, consumatori e si costruisce un prezzo, assieme. In questo modo si costruisce un prezzo che tiene conto di tutti i soggetti coinvolti e li lo Stato controlla che non avvengano speculazioni.

Le associazioni di categoria in Italia invece dicono che è il mercato che decide il prezzo (ndr: triste linea neoliberista in cui l’Italia eccelle…)

Al foro annonario di Cesena vent’anni fa c’erano 150 persone ogni mattina, oggi non c’ è praticamente più nessuno.

Istat dice che buttiamo via il 35% del cibo prodotto, dovremmo comprare meno selezionando prodotti di maggiore qualità. Inquiniamo 3 volte e la 4° per buttare i prodotti (che vengono smaltiti e solo minimamente dati in beneficenza).

Ci sono prodotti che rimangono surgelati per 3 anni, inquinando tantissimo.

Dobbiamo produrre quello che serve, non di più. Ma dalla politica non si sente alcun interessamento.

Lo stesso con i vestiti. C’è una montagna di vestiti della fast fashion in Ghana.

Germano: la difesa antiparassitaria 30-40 anni fa rappresentavano un 5-6% della spesa di produzione, non di più. Adesso a volte arriviamo al 50-60%. Una volta si guardava solo la tossicità animale, ora si guarda anche la tossicità aquatica e per gli altri animali. Dobbiamo stare tranquilli, abbiamo comunque un prodotto pulito.

I francesi hanno deciso di proteggere le proprie produzioni con interventi dello Stato.

Francesco Magni: Noi come associazioni andremo a certificare i prodotti 100% romagnoli, con mattatoi altrettanto certificati. Secondo me non sempre si spende di più dai produttori locali perché nella mia proposta di cassetta da 10 kg (ndr: di carne) ci sono un po’ tutti i tipi di taglio; se si comprano separati si spende tendenzialmente di più.

Romeo: La platea a cui vi rivolgete stasera è di persone consapevoli. Per riavvicinare i consumatori si deve cambiare il paradigma della GdO e ognuno deve mettergli del suo. Racconta l’esperienza appresa dai coltivatori/allevatori di Amatrice e di come siano sopravvissuti al devastante terremoto selezionandosi notevolmente ed aiutandosi a vicenda (si aiuta solo chi aiuta). Hanno studiato formule fiscali agevolate e alla portata e trovato alternative alla GDO anche aderendo all’iniziativa del furgoncino solidale. Bisogna trovare la giusta collaborazione con il consumatore costruendo il prezzo trasparente per alcuni prodotti e seguendo esempi come l’emporio di comunità Camilla a Bologna  

Mengozzi: il supermercato contadino è fattibile, ma laggiù c’è voluto un terremoto, qui ce ne vuole un altro. L’agricoltore medio romagnolo ha 70 anni. I giovani in agricoltura non ci si buttano più, ci sono troppi sacrifici. La nostra mentalità è di pensare ciascuno al proprio orticello. Siamo in grossa difficoltà perché non abbiamo più i giovani che avrebbero idee e potrebbero rimodernare l’attività. Riconosce anche che i giovani come “consumatori” avendo pochi soldi sono sempre alla ricerca dell’offerta speciale e difficilmente possono permettersi acquisti consapevoli.

Romeo Quello che stiamo vivendo noi come consumatori e voi come produttori, a ben guardare, è paragonabile ad un terremoto: dobbiamo capire come aiutarci a vicenda, aperti alla possibilità che si possa guadagnare un po’ meno da un lato, e spendere un po’ più, dall’altro. Cercate di partecipare all’incontro del 16 marzo così da coalizzarsi ampliando il giro e vedrete che quello che può servire o aiutare lo troviamo: commercialista, volontari per l’emporio, aiuto nella burocrazia, ecc.

Dobbiamo passare dalla fase del piagnisteo a quella della costruzione dei legami.

Tozzi concorda.

Maurizio: siamo rimasti spiazzati dal fatto che siete arrivati in tanti. Ma mi è piaciuto che siete arrivati compatti. Questo è fondamentale.

Mengozzi: siamo quasi 400 aziende: nel Consiglio direttivo siamo 14.

Per noi fare grossi investimenti è difficile.

Magni dice che la tecnologia può aiutare parecchio (tipo gruppi Whatsapp per coordinarsi e collaborare).

Mengozzi: i contadini ci mettono la faccia direttamente e chiunque può venire a vedere di persona. Il primo passo che stanno cercando di perseguire è di creare un piccolo marchio con un po’ di regole (alla pari del Parmigiano Reggiano) ma osserva come non è assolutamente facile.

Il 19 marzo ci sarà una iniziativa dei sindaci con ulteriore pubblicizzazione della loro raccolta firme.

Il rischio che corriamo sia noi produttori che voi consumatori. A questi gruppi multinazionali mancano ancora soltanto l’acqua e il cibo. Quando avranno tutto in mano la “fiorentina” non te la potrai più permettere, magari resterà solo la cavalletta. i piccoli agricoltori si estingueranno in favore di grandissime aziende.

Maurizio: abbiamo produttori che lavorano molto bene ma hanno deciso di vendere tutto all’estero perché remunerato meglio. Noi non vogliamo spendere troppo.

 

Romeo: secondo me la via è quella di cominciare e riporta l’esempio di GPS Amatrice dove hanno messo in comune gli attrezzi tra di loro e c’è una circolarità tra loro. Osserva che i migliori e più duraturi produttori che abbiamo sono quelli che fanno anche la spesa dentro il GAS; suggerisce di verificare il gas più vicino a loro e iniziare a frequentarlo. Proponete anche a loro incontri come questo per sentire anche altre campane suonare.

Mengozzi: la mia azienda è attualmente invendibile. Cercherò di sopravvivere. Lavoro da quando avevo 12 anni.

Romeo: Con l’esperienza del furgoncino solidale (pur con il limite che non riesce a girare troppo prodotto fresco) molte aziende hanno amplificato notevolmente la cerchia delle loro vendite ed il bacino di utenza.

Tozzi: 20 anni fa rifornivamo tutti gli agriturismi con un furgoncino, ma è durata due mesi poi si è chiusa l’esperienza.

Le aziende di collina e montagna producono quantitativi inferiori ed inevitabilmente anche i prezzi ne risentono.

Stanchi ma felici poco dopo le 23:00 chiudiamo i lavori salutandoci in attesa di ritrovarci!

Saluti radiosi

Stefani e Romeo

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.