L’industria ittica e le autorità nazionali per la pesca devono fare di più per capire e prepararsi ad affrontare l’impatto che il cambiamento climatico avrà sulla pesca mondiale, rende noto un nuovo rapporto della FAO pubblicato il 2 marzo.
Secondo quanto afferma l’ultima edizione dello Stato Mondiale della Pesca e dell’Acquacultura (SOFIA l’acronimo inglese), le pratiche di pesca responsabili già esistenti devono essere attuate in misura più vasta a gli attuali piani di gestione dovrebbero essere ampliati per includere strategie volte a fronteggiare il cambiamento climatico.
“Le migliori pratiche, che già si trovano nei libri ma che spesso non sono attuate, offrono strumenti chiari e consolidati per rendere la pesca meno vulnerabile al cambiamento climatico” afferma Kevern Cochrane, uno degli autori del SOFIA. “Quindi il messaggio per gli addetti e per le autorità del settore ittico è chiaro: attenetevi alle migliori pratiche, come quelle contenute nel Codice di Condotta per una Pesca Responsabile della FAO, e avrete già fatto un passo importante per mitigare gli effetti del cambiamento climatico”.
Sistemi alimentari e comunità vulnerabili
Il cambiamento climatico sta già modificando la distribuzione sia delle specie marine sia di quelle d’acqua dolce. Le specie che vivono in acque calde vengono spinte verso i poli e stanno subendo cambiamenti nelle dimensioni degli habitat e nella riproduttività .
Il cambiamento climatico sta inoltre influenzando la stagionalità dei processi biologici, alterando i sistemi alimentari marini e d’acqua dolce, con conseguenze imprevedibili per la produzione di pesce.
Per le comunità che dipendono prevalentemente dalla pesca, ogni riduzione della disponibilità locale di pesce od aumento dell’instabilità delle loro condizioni di vita porrà dei seri problemi.
“In molte zone la pesca è stata sfruttata fino al massimo della sua capacità produttiva. Se si guarda all’impatto che il cambiamento climatico potrebbe avere sugli ecosistemi marini, questo solleva dubbi sulla loro sostenibilità ” afferma Cochrane.
Sforzi urgenti sono necessari per aiutare le comunità che dipendono dalla pesca e dall’acquacultura, specie le più vulnerabili, a rafforzare la loro resistenza all’impatto del cambiamento climatico.
Le emissioni di carbonio dalla pesca
Pesca e acquacultura contribuiscono in misura minore ma rilevante alle emissioni di gas serra durante le operazioni di cattura e nelle fasi di trasporto, lavorazione e stoccaggio del pesce, secondo il rapporto FAO.
Il rapporto medio tra carburante ed emissioni di biossido di carbonio (CO2) per la pesca di cattura è stimato attorno ai 3 teragrammi di CO2 per milione di tonnelate di carburante usato. “Tale rapporto potrebbe migliorare. Una buona gestione della pesca può significativamente accrescere l’efficienza del carburante nel settore” dice Cochrane. “La capacità eccessiva dei pescherecci significa meno pesce pescato per imbarcazione – ovvero, una minore efficienza del carburante – mentre la competizione per le risorse limitate implica che i pescatori cercano continuamente di aumentare la potenza del motore, riducendo ulteriormente l’efficienza del carburante”
Comparate alle attuali operazioni di pesca, le emissioni per kilogrammo di prodotti ittici post-raccolta trasportati per via aerea sono piuttosto alte, aggiunge il SOFIA. I trasporti aerei intercontinentali emettono 8.5 kg di CO2 per chilo di pesce trasportato. Tale rapporto è pari a circa 3 volte e mezzo quello per il trasporto via mare e a circa 90 volte quello per il trasporto locale di pesce quando consumato entro 400 km dal luogo di cattura.
Nuovi dati sulla produzione
La produzione ittica totale mondiale ha raggiunto il nuovo picco di 143.6 milioni di tonnellate nel 2006 (92 milioni di tonnellate dalla pesca di cattura, 51.7 milioni di tonnellate dall’acquacultura). Di queste, 110.4 milioni di tonnellate sono state destinate al consumo umano mentre le restanti sono state impiegate in usi non alimentari (alimentazione animale, farina di pesce per l’acqualcultura).
L’aumento della produzione è dovuto al settore dell’ acquacultura, che attualmente conta per il 47% di tutto il pesce consumato come cibo dall’uomo. I livelli di produzione nella pesca da cattura sono invece rimasti stazionari ed è improbabile che aumentino oltre gli attuali livelli.
Stato degli stock ittici di mare aperto
Il 19% dei principali stock ittici di mare aperto di valore commerciale monitorati dalla FAO sono sfruttati in eccesso, l’8% sono depauperati e l’1% è classifiicato come in fase di recupero da una situazione di totale depauperamento, afferma il nuovo rapporto.
Circa metà (il 52%) è classificato come pienamente sfruttato e le relative operazioni di cattura sono vicine al loro livello massimo di sfruttamento giudicato sostenibile.
Il 20% degli stock è invece classificato come moderatamente sfruttato o sotto-sfruttato.
Le aree con le più alte percentuali di stock eccessivamente sfruttati sono l’Atlantico nord-orientale, l’Oceano Indiano occidentale e il Pacifico nord-occidentale.
Il SOFIA identifica nella sovra-capacità – una combinazione di eccesso di imbarcazioni e di tecniche di pesca altamente efficienti - un problema chiave che attualmente affligge la pesca.
I progressi nell’affrontare questo problema sono stati lenti, afferma il rapporto, e “ci sono stati solo modesti miglioramenti per quanto riguarda l’adozione diffusa di approcci precauzionali ed ecologici alla pesca, l’eliminazione delle catture accidentali e degli scarti, la regolamentazione della pesca con reti a strascico, il controllo della caccia degli squali e la lotta alla pesca illegale”
Gli altri punti chiaveIl SOFIA delinea un quadro molto chiaro dell’importanza della pesca e dell’acquacultura per i paesi in via di sviluppo.
Si stima che circa 43.5 milioni di persone partecipino direttamente, a tempo pieno o parziale, ad attività di pesca da cattura o di acquacultura. La maggior parte di esse (86%) vive in Asia. Altri 4 milioni sono impiegate nel settore su base occasionale. Considerando insieme l’occupazione nei settori della lavorazione, della commercializzazione e dei servizi legati ai prodotti ittici, e aggiungendo le famiglie di tutti coloro che sono impiegati direttamente o indirettamente nelle attività di pesca e dell’acquacultura, oltre mezzo miliardo di persone nel mondo dipende dal settore ittico.
Il pesce fornisce ad oltre 2.9 miliardi di persone almeno il 15% del loro consumo medio pro-capite annuale di proteine animali. Esso contribuisce ad almeno il 50% del consumo totale di proteine animali in molti piccoli stati insulari ed in molti paesi in via di sviluppo come il Bangladesh, la Cambogia, la Guinea Equatoriale, la Guinea Francese, il Gambia, il Ghana, l’Indonesia e la Sierra Leone.
Sia l’impiego diretto nella pesca che quello nelle industrie ad essa collegate sono ugualmente importanti per i paesi in via di sviluppo, e i redditi provenienti dalle esportazioni di prodotti ittici hanno raggiunto i 24.6 milioni di dollari l’anno.
La flotta peschereccia motorizzata mondiale ammonta in totale a 2.1 milioni di imbarcazioni. La maggior parte di esse (90%) è inferiore ai 12 metri di lunghezza. Circa 23 000 sono imbarcazioni “industrializzate” di ampia portata. La nazionalità di molte migliaia di esse è sconosciuta – e questa categoria “sconosciuta” è aumentata negli ultimi anni nonostante gli sforzi condotti a livello mondiale per eliminare la pesca illegale.
Il SOFIA include anche dei capitoli sulla sicurezza sul lavoro degli addetti al settore ittico, sugli schemi di certificazione dei prodotti ittici, sulle risorse genetiche marine, sulla pesca dei gamberi, e sull’uso delle risorse ittiche di mare aperto come sementi e foraggio per l’acquacultura.
Dibattiti alla FAO
A partire dal 2 marzo, rappresentanti di oltre 80 paesi si incontreranno presso la sede della FAO a Roma per la 28° riunione del Comitato per la Pesca della FAO (COFI), per discutere i temi delineati nel SOFIA e il programma di lavoro del Dipartimento FAO per la Pesca e l’ Acquacultura.
Fonte: FAO
Una risposta su “Lo Stato Mondiale della Pesca e dell’Acquacultura”
Ritengo questo discorso molto interessante; se veramente vogliamo mirare alla S di solidale non solo tra di noi ma anche con la natura dobbiamo iniziare a pensare a rivolgerci a qualche azienda di pesca e trasformazione LOCALE …
Onestamente pensare solo alla A mi comincia a stare stretto!!!
Saluti radiosi e … grazie Pie!!!