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Resoconto della gita a “Ciao Latte” del 18/02/07

Ricordate la gita da Ciao Latte??? Ebbene presenti tutti gli iscritti nel post escluso Max che ha fatto di tutto per ammalarsi e tenersi sul capezzale Jenny…. Di seguito un pò di resoconto, segnalatemi imperfezioni che poi lo pubblico anche nel mio blog 🙂
Dopo un viaggio tutto sommato piacevole in auto il gruppo sparso si è ritrovato all’uscita Parma Ovest con navigatore impazzito che ci ha mandato in un “Borghetto”  a circa 10 km da quello vero (finendo diretto in un fosso di conseguenza …. ci spiace Max ma è meglio così, credici… troveremo un navigatore più intelligente….). Siamo finalmente giunti a destinazione grazie a qualche anima pia che ci ha dato suggerimenti e attorno alle 11:00 abbiamo potuto iniziare la visita con il buon Peveri che, dopo le presentazioni, ha messo la famiglia a nostra disposizione.
Siamo partiti dal caseificio dove ci ha mostrato tre vasconi in cui una parte del latte appena munto viene fatto decantare per un giorno per fare affiorare la panna (che si utilizzerà per il burro). I vasconi sono nei pressi dei bollitori che vengono riempiti ogni mattina con metà latte fresco e metà latte decantato portando il tutto a 38 gradi.
I pentoloni sono in rame e acciaio con intercapedine dove circola il vapore che porta alla temperatura necessaria il latte. Giunto a temperatura si aggiunge la sostanza acida (siero del giorno precedente che fermentando diventa acido ed effettivamente l’odore che si annusa nei locali è misto acidulo). Si aggiunge poi il caglio (se non ho capito male circa 1 gr a quintale) e dopo circa 10 minuti si ottiene la cagliata (consistenza budinosa) che và rotta con un apposito attrezzo sferico costituito da una serie di dischetti di acciaio che, fatto girare all’interno del pentolone sulla cagliata, và a rompere l’insieme composto. A questo punto la temperatura viene fatta salire a circa 58° e lasciato riposare per un’ora.
In questo tempo si separa il siero dai granelli di formaggio che precipitano in fondo e lì si accumulano andandosi nuovamente ad unirsi (il fondo del pentolone è semisferico e arrotondato).
Da ogni pentolone si recuperano circa 100 kg di formaggio che si devono andare a ripescare dal fondo con altro apposito attrezzo molto poco tecnologico (paletta di legno con manico lungo e spigoli completamente arrotondati e levigati). La fase è delicata perché il “casaro” deve prestare attenzione a non rompere la forma costituita e deve “tirare fuori” un  blocco unico da 100 kg. Arrivato in superficie si cattura con una specifica ed apposita tela.
A questo punto il “gemellaggio” che costituisce nel tagliare in due la forma per ricavare due quantità circa corrispondenti da andare poi a mettere nella apposita forma di legno che si mette trazione sulla forma con un ingegnoso sistema costituito da due corde ed un autobloccante in legno.
In questa fase tra la forma di legno ed il formaggio viene posta una specie di matrice di plastica con tanti aghetti che puntulano il formaggio andando anche ad imprimere la scritta “Parmigiano Reggiano” quindi in pratica avviene il primo “marchio” della futura forma.
La cosa simpatica è che le matrici sono date in un certo numero al caseificio e non devono per nessuna ragione uscire dal caseificio … sono controllate e assegnate dall’Istituto di certificazione del Parmigiano Reggiano. Sulle stesse c’è poi anche il mese di produzione. Nel primo giorno ogni forma và girata 3 volte rimuovendo il telo di contenimento e cambiandolo ogni volta.
Quando esce da questa stanza passa in altra in cui viene inserita in una fascia di acciaio (rimosso il telo e la matrice che hanno ultimato il loro lavoro) e gli viene applicata la placca di riconoscimento con tutti i dati del produttore, compreso anche il bollitore da cui proviene… (mancano solo informazioni sul numero di rapporti sessuali avuti la sera prima dal casaro :-); qui stanno all’aria per circa due giorni.
Passato questo periodo viene messa in appositi carrelli in acciaio a ruote e, mediante un argano, inserita in una piscina di acqua e sale. Sono completamente immerse in quest’acqua in cui viene mantenuto il livello e su una specie di retino messo il sale grosso che, sciogliendo, migra nell’acqua e passa alla forma per mantenere la stessa.
Dopo questo bel periodo di immersione vengono estratte, lavate per bene e messe in custodia nel condominio … lo spettacolo unico per i miei occhi ed il mio olfatto. Una stanza in cui si potrebbe decidere di ritirarsi per la vita e sopravvivere degnamente :-). In quella del nostro produttore ci stanno circa 600 forme.
Per i primi 6/7 mesi il Casaro le prende, le spazzola e le gira con una discreta ciclicità. Le assi sono rigorosamente di abete e MAI devono essere lavate perché impregnate dei grassi e liquidi della forma che contribuiscono anche a mantenere nel tempo l’asse. Al massimo si raschia un po’ l’asse stessa con apposito attrezzo.
Può succedere che le forme si “feriscano” quindi si aprano delle crepe più o meno profonde; laddove si riesce e si può si cauterizzano con il fuoco. Quando raggiunge un anno di età la forma viene “espertizzata” da un tecnico del Consorzio del parmigiano che con un apposito martelletto la batte tutta per sentire se c’è aria dentro (in base al suono di ritorno e l’esperienza lo si riesce a capire).
Le forme che risuonano correttamente vengono finalmente marchiate a fuoco con il marchio del parmigiano e diventano a tutti gli effetti “importanti” e vendibili o stagionabili.
Qualora si sentano bolle d’aria con questa “espertizzazione” la forma viene immediatamente “rigata”; praticamente vengono impresse righe sul nome “Parmigiano Reggiano” impresso inizialmente e quelle forme verranno utilizzate o per formaggini o per industria o vendute come seconda scelta ma non potrà vantare il marchio del parmigiano.
Mediamente su 500 forme ce ne saranno 6-7 delle rigate.

Visto che la cucina non è ancora pronta si decide di visitare anche le stalle che sono a circa 3/4 km e lì ci accompagna e illustra il secondo fratello Peveri che ci assiste in una visita lungo la stalla in cui, onestamente, io mi sono dedicato ai bambini e perso gran parte della presentazione.
Và detto comunque che i foraggi sono tutti dell’azienda, vengono acquistati mangimi  da fuori (sempre certificati bio). La soia è stata completamente eliminata perché ormai tutta transgenica. La stabulazione è libera e le mucche gravide dispongono, nella stagione idonea, anche di un pascolo libero.
Una cosa che mi ha un po’ rattristato è che la fecondazione delle mucche avviene artificialmente quindi viene perso questo per me importante “gusto” per l’animale; il Peveri giustifica questo asserendo che lo si fa per avere certezze di fecondazione e nascite di vitelli regolari e non malformati (cosa che avviene con il Toro quando lo stesso non è troppo “sicuro”).

Alla fine verso le ore 13:45 siamo rientrati in agriturismo per il pranzo ma questo è una lunga storia che non mi sento di raccontare perché occorreva esserci; pietanze squisite, salsine con fiocchetti di ricotta, formaggi aziendali accompagnati da un grande vino, antipasti abbondanti e per tutti i gusti, gnocco fritto da favola, risotto che faceva aprire il cuore e che abbiamo anche riportato indietro perché un peccato lasciarlo (a proposito, Max ti sei accorto che ne abbiamo steso un pò sotto als edile del passeggero per i gattini randagi che abbiamo raccolto al distributore di metano?).

Basta, non voglio farvi star male e penso che chi ha mancato l’occasione per qualsiasi ragione ha di che rosicchiarsi le unghie e piangere sconsolato … io potrò dire che c’ero; anche Leonardo (mio figlio maggiore) lo dice e lo ha ripetuto diverse volte … sempre a bocca piena 🙂

Saluti radiosi

2 risposte su “Resoconto della gita a “Ciao Latte” del 18/02/07”

Effettivamente è stata proprio una bella giornata, e forse l’unica pecca è stata l’arrivare in ritardo rispetto al lavoro quotidiano del casaro…Mi sarebbe piaciuto vedere l’opera. Ottimo il pranzo anche se propbabilmente a causa di questo durante il viaggio di ritorno la palpebra calava pesantemente..
A quando la prossima escursione/abbuffata?

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